Stefania, 29 anni, ha iniziato facendo la ballerina, continuato facendo abiti per ballerine e finito facendo abiti per donne.
\n«Mi piace trovare la precisione nelle miniature della vita», racconta nel suo laboratorio, meta di donne milanesi che vogliono vestirsi audacemente. «Per me l’abbigliamento è terapeutico» dice. «Quando mi vesto come mi piace, posso pure sentirmi un po’ meglio».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1134_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_passione_stefania.1080x1350.jpg?h=1699519661",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1134_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_passione_stefania.504x630.jpg?h=1699519661",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1134_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_passione_stefania.1671x348.jpg?h=1699519661",luogo_id:1028,sentimento_id:1033,luogo:"Milano",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1134_stefania.mp3?h=1698752696",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1136,slug:"ada",title:"Ada",body:"«Ho vissuto gli anni più belli della mia vita a Napoli: i primi cinque. Abitavamo in piazza Dante: in una grande casa con i nonni, gli zii e le cameriere. La mattina accompagnavo le cameriere in soffitta, ad accendere i bracieri e poi illuminare la casa, mentre cantavano le canzoni napoletane. A 5 anni ci trasferimmo a Roma, mio padre era professore all’Università. Io per un mese mi ammalai, non volevo andarci. Roma rimase sempre una città straniera».
\nNella capitale Ada si sposa, ma qualcosa va storto: «dopo due anni mi separai. Lui dopo andò a convivere con un uomo. E io decisi di chiudere con i maschi».
\nSi dedica al lavoro, all’interno della pubblica amministrazione. Compagno di scrivania è Antonio: «mi conquistò con la gentilezza, la bontà e il garbo. Ero una tipa difficile. Dopo un anno ci sposammo. E ora eccoci qua, 44 anni di matrimonio».
\nNon è riuscita ad avere figli, racconta, ma sogna «le nozze d’oro». Il segreto? «L’educazione e l’onestà».
\nOgni volta che può torna a Napoli. Specie ora, che è andata in pensione.
\nE con i soldi ha ricomprato il sottotetto nel palazzo in via Dante.
\nQuello in cui ha vissuto gli anni più belli della sua vita.
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\nPoi Aldo è tornato a Napoli, ha conosciuto quella che è sua moglie, e non è partito più: ha aperto una trattoria nella via in cui è nato.
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\nFiamma perde quella parte di spensieratezza di chi ha vent’anni: «magari quella parte non è morta», dice, «è solo andata da qualche parte e un giorno la raggiungerò».
\nUn giorno però crolla.
«Dico ai miei genitori che ho paura della morte. Loro mi abbracciano e mi dicono che ci saranno sempre per me. C’è che quando siamo piccoli non siamo educati alla morte. Cresciamo pensando sia una cosa lontanissima. Poi diventiamo grandi e iniziamo a essere bombardati dalla morte. E ci rendiamo conto che non siamo pronti. Dovremmo parlare della morte come parliamo della vita».
A proposito della vita, Fiamma oggi ha 24 anni, studia Cinema d’animazione all’Accademia di Belle Arti, si sta appassionando all’arte dei tatuaggi e ogni tanto frequenta dei set. Sua madre è guarita, le sono ricresciuti i capelli.
\nLei si è laureata con un corto: era sulla prevenzione del tumore al seno.
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1138_fiamma.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1138_fiamma.504x630.jpg?h=1699029573",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1138_fiamma.1671x348.jpg?h=1699029573",luogo_id:1030,sentimento_id:1032,luogo:"Napoli",sentimento:"Legami",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1138_xiaomi_italia-riflessa_legami_fiamma_v101.mp3?h=1698987432",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1139,slug:"francesco-1",title:"Francesco",body:"Francesco da Ischia è partito per tornarci. Ha girato il mondo, ha imparato un lavoro e proprio quando la sua carriera sembrava avviata ha capito che era a casa sua che voleva cambiare qualcosa: «Ero su un aereo per Ibiza, dove avrei aperto un bar insieme ad alcuni soci, in volo qualcosa nella mia testa e nel mio cuore mi ha detto che non era la cosa giusta. A Ibiza non ci sono andato più, sono tornato a Ischia».
Ha chiamato i suoi fratelli e insieme hanno aperto il loro primo locale sull’isola - oggi ne hanno tre.
Ognuno ha il suo ruolo «il nostro lavoro insieme funziona bene perché tutti abbiamo compiti diversi, il nostro legame è sempre lo stesso se non più forte di prima».
Hanno fatto tutto da soli, spostato bancali, messo a posto la spiaggia, cercato clienti, e anche i genitori che all’inizio non vedevano di buon occhio l’idea ora sono coinvolti nella gestione. «I miei sono sempre stati dipendenti, ma sapevano la fatica di avere un’attività propria, avevano paura. Oggi invece mio padre è il primo a venire al locale ogni mattina».
Francesco è uno degli eredi della dinastia di trippaioli più famosa di Napoli. Si chiamano «o Russ», perché avevano i capelli rossi. «Mia nonna ebbe 24 figli e 77 nipoti. Abbiamo tripperie sparse per Napoli».
\nDice che la trippa era un piatto tipico che «veniva mangiato dagli spazzini alle 5 del mattino, per riscaldarsi». Oggi gestisce i suoi negozi, ma ha un sogno: «Mia nonna girava per la città con un carrettino di cibo. Io voglio girare per Napoli con un furgoncino di street food».
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\n«Napoli sta vivendo un nuovo Rinascimento», dice. «Durante il Covid ha visto rientrare tanti dei suoi cervelli».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1141_manuel.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1141_manuel.504x630.jpg?h=1698991026",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1141_manuel.1671x348.jpg?h=1698991026",luogo_id:1030,sentimento_id:1032,luogo:"Napoli",sentimento:"Legami",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1141_xiaomi_italia-riflessa_legami_manuel_v101.mp3?h=1698987600",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1142,slug:"mario",title:"Mario",body:"«Ho fatto volontariato in Ucraina. Ero bravo a intrattenere i rifugiati. Il responsabile eventi di una catena di ostelli mi ha contattato e mi ha chiesto di lavorare con loro».
\nMario è uno studente di filosofia, «con quella ho razionalizzato la mia vita da ragazzo della periferia napoletana», ma più di tutto ama raccontare e intrattenere.
\nAdesso organizza eventi, e vede passare il mondo nell’ostello: una ragazza del Sud Africa che faceva la sex worker per lottare contro il patriarcato, un ragazzo israeliano disertore dell’esercito e pure la sua attuale fidanzata.
\n«Lavorare negli ostelli significa non invecchiare mai».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1142_mario.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1142_mario.504x630.jpg?h=1698991036",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1142_mario.1671x348.jpg?h=1698991037",luogo_id:1030,sentimento_id:1032,luogo:"Napoli",sentimento:"Legami",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1142_xiaomi_italia-riflessa_legami_mario_v101.mp3?h=1698987650",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1143,slug:"vincenzo",title:"Vincenzo",body:"«Siamo i primi, stiamo qua dal 1836». Vincenzo è figlio d’arte: assieme al padre Cocò gestisce quello che dice essere il più antico chiosco di un acquafrescaio di Napoli.
\nStoria antica, spiega: «Mia nonna, quand’era bambina, era figlia di fruttivendolo. E veniva a portare i limoni all’acquafrescaio che era qui. Quando quello volle vendere, offrì il posto a mia nonna. E da allora noi siamo qua».
\nIl banco si trova in Piazza Trieste e Trento. In una guerra di copyright che va avanti da anni, Vincenzo racconta che sarebbe stato suo padre Cocò a mettere per primo il nome di «limonata a cosce aperte».
\nQuando qualcuno gli chiede se la limonata si prenda prima o dopo mangiato, ha la risposta pronta: «prima, per aprire la fame. E dopo, per digerire».
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\nDaniela non si sentiva mai «abbastanza magra».
\n«Ero ossessionata: alternavo digiuni o corse di 16 chilometri per una pizza».
\nAnoressia nervosa si chiama, con conseguente depressione, anemia, ipoglicemia: «pretendevo il massimo da me: come figlia, amica, nipote. Rimuginavo attorno a un 28 preso all’Università».
\nArriva a pesare 47 chili, e a 28 anni capisce che deve prendersi cura di se stessa: «studiavo al Policlinico. Un giorno, dietro consiglio di tanti amici che mi vedevano sempre più malnutrita, andai a parlare con una psichiatra al Centro disturbi alimentari del Primo Policlinico. A fine seduta mi chiese perché fossi lì: “Perché voglio riprendere in mano la mia vita”».
\nInizia un percorso di 5 anni, fatto di terapie antidepressive e una seduta a settimana.
\nDurante quello, si appassiona alla psichiatria e decide di passare dall’altra parte della scrivania. Recupera gli esami persi durante il periodo buio, si laurea con una tesi in psichiatria, e vince un concorso per entrare nella specializzazione di neuropsichiatria infantile.
\nIl consiglio che adesso dà a tutti è di «chiedere aiuto a un professionista qualificato. Perché in realtà la vita senza malattia è molto meglio di una vita ingabbiata».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1144_daniela.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1144_daniela.504x630.jpg?h=1698991056",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1144_daniela.1671x348.jpg?h=1698991057",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1144_xiaomi_italia-riflessa_liberta_daniela_v101.mp3?h=1698987883",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1145,slug:"david",title:"David",body:"David ha scoperto di avere il Diabete di tipo 1 cinque anni fa. Durante la pandemia ha iniziato a condividere la sua esperienza sui social. Tramite la pagina ‘Diabetiamo’ inizia a raccontare le sue «peripezie, a dare informazioni scientifiche» e a smontare con ironia alcuni miti sui diabetici.
\nPiano piano costruisce una community, attorno a cui fa consapevolezza sull’impatto mentale del Diabete di tipo 1. «Si dice che un diabetico prenda fino a 180 decisioni in più al giorno rispetto alle altre persone. Dall’insulina ai carboidrati, dalla palestra alla gestione delle emozioni».
\nLa fase più difficile, dice, è quella dell’accettazione: «Devi accettare che non c’è cura e che ogni santissimo giorno ti dovrai fare 5 punture di insulina nella pancia. Io ci ho messo un anno e mezzo prima di farmene una in pubblico».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1145_david.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1145_david.504x630.jpg?h=1698991067",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1145_david.1671x348.jpg?h=1698991068",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1145_xiaomi_italia-riflessa_liberta_david_v101.mp3?h=1698988827",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1146,slug:"francesco-3",title:"Francesco",body:"«Questa mattina sono stato sugli scogli a prendere il sole, con i piedi nell’acqua e la musica nelle casse. Ora faccio un po’ di spesa, una passeggiata, e stasera vado con gli amici al karaoke».
\nFrancesco viene dall’Agro aversano, la cosiddetta terra dei fuochi.
\nÈ laureato in giurisprudenza e vuole fare il pubblico ministero minorile.
\nDice che non vivrebbe mai fuori da Napoli: «sono per la vita lenta. Io per esempio non chiedo mai alle persone che lavoro fanno. E va bene così».
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\nE da allora Gennaro è il portinaio meno chiacchierone del mondo: «ho parlato fin troppo nella mia vita, non devo dire più niente».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1147_gennaro.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1147_gennaro.504x630.jpg?h=1698991091",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1147_gennaro.1671x348.jpg?h=1698991091",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1147_xiaomi_italia-riflessa_liberta_gennaro_v101.mp3?h=1698988060",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1148,slug:"maria",title:"Maria",body:"«A 24 anni ero fidanzata con un uomo. Poi lui mise incinta un’altra. Da allora non ho più voluto avere uomini». Maria lavora a maglia, sull’uscio della sua casa nei Quartieri Spagnoli. Le piace la libertà «ho lavorato tanto, da 8 anni sono in pensione», dice. «Sto bene da sola, quando voglio mangiare mangio». Non ha grandi rimpianti: «Forse, se potessi tornare indietro, mi sarei fidata di più degli uomini».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1148_maria.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1148_maria.504x630.jpg?h=1698991102",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1148_maria.1671x348.jpg?h=1698991103",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1148_xiaomi_italia-riflessa_liberta_maria_v101.mp3?h=1698988111",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1149,slug:"max",title:"Max",body:"Max ha girato il mondo. Però un giorno era in Australia e d’improvviso prese il primo aereo per tornarsene per sempre a Napoli. Nella sua città ha portato tutto quello che ha visto ma soprattutto sentito nel mondo, a partire dalla musica: negli anni ‘90 ha rivoluzionato il mondo del clubbing in Italia. Il merito di quella decisione improvvisa di tornare a Napoli è semplice: «sentii “Terra Mia” di Pino Daniele. Non ci pensai un attimo e prenotai il volo».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1149_max.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1149_max.504x630.jpg?h=1698991114",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1149_max.1671x348.jpg?h=1698991113",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1149_xiaomi_italia-riflessa_liberta_max_v101.mp3?h=1698988157",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1150,slug:"miriam-2",title:"Miriam",body:"Miriam vive in una casa nel centro storico di Napoli, tra foto di Beyoncé, ritratti di Maradona femmina e decine di vagine di plastica attaccate ai muri.
\nCresciuta nella provincia mantovana, trasferitasi a Napoli, è stata niente ma forse tutto: cantante, finalista a The Voice, insegnante di latino, venditrice, bartender, guida turistica, performer.
\nMa più di tutto è una delle icone di una certa Napoli underground, quella che si vive tra i vicoli e le ballroom di notte, dove lei regna come Drag queen.
\n«Napoli è una città all’avanguardia, per quanto riguarda l’arte, la musica e le minoranze. Devi viverla per conoscerla. Ma quando la conosci, lei ti conosce e ti regala opportunità».
\nMiriam più che sogni, ha obiettivi quotidiani: «godere ogni santo giorno dei dettagli della vita e farmi attraversare». Vuole creare spazi di creatività in città. E sì, vuole fare pure una Cristoteca: una discoteca all’interno di una chiesa sconsacrata nel centro di Napoli.
\nChiunque entri a casa sua, dice, viene preso bene: «e sei preso male, parliamo qui, piangiamo assieme, e dopo saremo prese bene».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1150_miriam.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1150_miriam.504x630.jpg?h=1698991123",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1150_miriam.1671x348.jpg?h=1698991124",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1150_xiaomi_italia-riflessa_liberta_miriam_v101.mp3?h=1698988225",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1151,slug:"carmine",title:"Carmine",body:"Carmine è due cose. Come prima è specializzando in Medicina. Ha lavorato per anni come medico al carcere di Secondigliano: «i bracci del carcere si chiamano come i mari».
\nCome seconda fa il cantautore: nome d’arte Vesuviano, perché è nato in un paese sotto il Vesuvio.
\n«Mi sono avvicinato alla musica all’età di 12 anni studiando il flauto traverso. I miei due fratelli suonavano entrambi: in casa cominciammo a interagire musicalmente».
\nI genitori sono grandi fan: «mio padre mi ha sempre detto che la carriera musicale è sempre incerta. Ma l’ho convinto: ormai è un vesuviano pure lui».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1151_carmine.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1151_carmine.504x630.jpg?h=1698991136",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1151_carmine.1671x348.jpg?h=1698991134",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1151_xiaomi_italia-riflessa_passione_carmine_v101.mp3?h=1698988292",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1152,slug:"eugenio",title:"Eugenio",body:"Eugenio fa il fotografo fashion. Immortala modelle in servizi dedicati ai brand e a giornali di moda.
\nHa iniziato durante l’Università, facendo l’assistente per un fotografo di matrimoni.
\nIn 5 anni avrà partecipato a oltre 1.000 matrimoni nel napoletano. «Lavoravamo dalle 8 all’una di notte», tra escursioni in elicottero a Capri e comunioni interrotte alle 6 del mattino dai Carabinieri («Il bambino si era addormentato sul tavolo»).
\nConosceva tutti, pure Gigi d’Alessio: «si sedeva al tavolo degli artisti con noi. Era a inizio carriera. In un giorno era capace di fare 5 matrimoni».
\nEugenio ha fatto carriera, oggi scatta modelle. Ma ogni tanto, per stare con i vecchi colleghi, va a lavorare come fotografo ai matrimoni gratis.
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1152_eugenio.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1152_eugenio.504x630.jpg?h=1698991147",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1152_eugenio.1671x348.jpg?h=1698991148",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1152_xiaomi_italia-riflessa_passione_eugenio_v101.mp3?h=1698988338",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1153,slug:"giuseppe",title:"Giuseppe",body:"Da quando ha 16 anni, Giuseppe costruisce musica: mandolini, chitarre, calascioni. È diplomato in liuteria e da oltre 20 anni lavora nella sua bottega nel centro di Napoli. Ha costruito per Gino Paoli, Fiorella Mannoia, Biagio Antonacci.
\nMa l’incontro più bello è stato con un musicista che non ha comprato nulla: «era il 2016. Si affacciò sul negozio. Chiese se disturbava: lo feci entrare e gli raccontai un po’ la mia arte, gli feci provare gli strumenti: era Robert Plant, il leader dei Led Zeppelin».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1153_giuseppe.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1153_giuseppe.504x630.jpg?h=1698991158",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1153_giuseppe.1671x348.jpg?h=1698991159",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1153_xiaomi_italia-riflessa_passione_giuseppe_v101.mp3?h=1698988376",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1154,slug:"marco-2",title:"Marco",body:"«Il primo pezzo di un presepe l’ho fatto a 6 anni: una testa di maiale, di quelle che venivano esposte davanti alle taverne». Da allora Marco ne ha fatti migliaia.
\nE oggi nella sua bottega in via San Gregorio Armeno vive, lavora e divulga la sua arte circondato da migliaia di personaggi che vivono anche nella sua testa: Pinocchio, Agnese, lo sciuscià, il barbiere, il monaciello, Don Chisciotte, i re Magi «è la figura più complicata, ci vogliono 3 settimane».
\nIl suo personaggio preferito, però, resta Carmela, pastore dell’abbondanza e della prosperità, che porta con sé pane, uova e vino: «è il mio pastore, quello a cui mi rivolgo quando ho bisogno di aiuto».
\nPer crearla si è ispirato a una donna vera, «si chiamava Carmela, alla fine degli anni 70, vendeva le sigarette nel vicolo. Il volto l’ho modellato su di lei: è triste e gentile, brutta e dolce. Ha il gozzo tiroideo, per un’alimentazione povera di iodio. Ma è elegante, signorile, fine».
\nIl trucco sta tutto negli occhi di cristallo: «Quelli ti danno la vita».
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\nCi mettono sette anni. Ma oggi, la Chiesa di Santa Luciella ai Librai è una delle gemme nascoste della città. «Venne fondata nel 1327 dal nobile Bartolomeo Di Capua. Visto che aveva un male agli occhi, la volle intitolare a Santa Lucia. Ma visto che una chiesa di Santa Lucia già c’era, la chiamò di Santa Luciella».
\nOggi ricevono 60 mila persone l’anno e hanno 11 persone a contratto. «Tra loro, tantissime coppie che non possono avere figli e vengono a chiedere i voti ai teschi. E molte tornano dopo, a lasciare un giocattolo del figlio avuto».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1155_massimo.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1155_massimo.504x630.jpg?h=1698991180",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1155_massimo.1671x348.jpg?h=1698991181",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1155_xiaomi_italia-riflessa_passione_massimo_v101.mp3?h=1698988485",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1156,slug:"patrizia",title:"Patrizia",body:"Patrizia insegna in una scuola serale a studenti lavoratori. «Sono ragazzi che hanno abbandonato la scuola dopo i 16 anni. Ora tornano qui da adulti: magari vogliono partecipare ai concorsi, oppure lavorano e vogliono fare carriera. Ma tutti si rimettono in gioco».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1156_patrizia.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1156_patrizia.504x630.jpg?h=1698991192",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1156_patrizia.1671x348.jpg?h=1698991191",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1156_xiaomi_italia-riflessa_passione_patrizia_v101.mp3?h=1698988529",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1157,slug:"renato",title:"Renato",body:"Renato ha 93 anni e da quando ne aveva 7 produce camei: sono quei gioielli ritagliati sulla parte superiore delle conchiglie.
\nLo fa da uno spiazzo con veduta su tutta Napoli, quartiere Vomero «perché per fare i camei serve una luce buona, tranquillità e pace».
Vive attorniato da centinaia di camei che hanno più di 70 anni.
«Negli anni 50 mio padre non stette bene e io e mio fratello prendemmo questo negozio».
\nOggi gestisce tutto da solo, ha quattro figli e spera di lasciare il suo negozio a qualcun altro «anche se non ci sono più artisti né corallo».
\nDel cameo gli piace la cura nei dettagli: «Meglio un cameo rozzo ma fatto con amore che uno perfetto ma fatto senza».
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\nÈ figlio d’arte, il padre girava l’Italia suonando a feste e matrimoni. Si è laureato al Conservatorio, ha studiato musica elettronica, voleva fare il compositore, ma adesso vorrebbe lavorare anche come fonico di sala: «mi piacerebbe meno libertà e più sicurezza economica» dice.
\nLa musica è dove tutto è chiaro. L’ha aiutato durante il periodo più nero della depressione: «iniziò a 18 anni, iniziai a essere sempre triste, a non uscire più, a evitare contatti. Attacchi di panico, farmaci, terapia».
\nAdesso suona i Beatles, Stevie Wonder e Halleluja di Jeff Buckley.
\nVuole smettere il periodo nero, trovare una brava ragazza di cui prendersi cura e che si prenda cura di lui. E vuole vedere l’Europa.
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\nOggi ha Baring, un bar catering che si occupa dell'allestimento bar, della selezione di barman professionali e della gestione del beverage per eventi privati o aziendali.
\nHa più di 20 banconi smontabili che porta in giro per gli eventi: matrimoni per stranieri in Costiera, eventi privati su yacht delle star di Hollywood in visita in Italia.
\nIl suo mito è Cocktail, il film con Tom Cruise sul mondo dei barman. Ci ha aperto un bar che si chiama come il protagonista: Flanagans.
\nPer il resto, sta in pace nella sua casa a Napoli, una sorta di installazione d’arte giapponese: «questa casa nasce quando ero ai ferri corti con la madre di mia figlia. Mia figlia ora ha 18 anni», racconta. «Prossimo obiettivo: comprare una casa nel bosco nel Cilento».
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\nPerché le due sono sorelle e colleghe: hanno iniziato suonando per gioco con il padre e attorno ai 10 anni giravano già per i festival: «una suonava il piano e l’altra cantava e scriveva le nostre canzoni».
\nAncora oggi vanno in giro sempre insieme e sono diventate ancora più sorelle quando la più grande è diventata madre giovane: «Ho sentito il bisogno di starle ancora più vicina», dice la più piccola. Litigano tanto, ovvio: «ma poi ci facciamo un complimento su un rossetto e passa tutto».
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\n57 anni dopo, sono ancora nella loro carboneria, a vendere tutto quello che può servire. Lei ha 85 anni, lui 90. E vanno ancora a ballare il liscio.
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\nLa sua vita incrociò quella dello scrittore alla fine degli anni ‘50, quando questi si trasferì nel quartiere Monteverde. «D’estate andavamo a fare il bagno al Tevere, durante l’anno giocavamo a calcetto. Una partita equivaleva a 30 giorni di vacanza per lui. In campo dava tutto. Poi riprendeva i libri e ritornava nella sua malinconia».
\nQuando uscì ‘Ragazzi di Vita’, racconta, alcuni suoi compagni di strada si sentirono offesi: «Volevano fare una spedizione per menare Pasolini. Poi li fecero ragionare: “ringraziatelo piuttosto, perché mostra le nostre condizioni”».
\nDopo quel libro Er Pecetto ha lavorato come calzolaio, edile, biciclettaio e bagnino.
\nAdesso ha fatto del suo studio di pittura un piccolo museo non ufficiale su Pasolini, pieno di ritagli di giornali e oggetti appartenuti all’intellettuale.
\nÈ diventato la memoria storica del quartiere e di Pasolini, di cui è ancora capace di recitare interi passi a memoria.
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\nDifficile definirlo: allestisce eventi, fa il consulente per la ricerca di set, organizza tour privatissimi per celebrities.
\nConosce Roma e i suoi segreti come pochi in città.
\n«Roma è un enorme copyright», dice, «non è stata fatta per i romani. Mi piace la sua continua presenza di livelli. Prendi Fontana di Trevi: andando dal basso verso l’alto, hai il meccanismo idraulico sottoterra; la fontana dentro; una fontana fuori; e sopra hai una terrazza. Vedi quanti livelli? Ogni posto ha una marea di letture».
\nQuando qualcuno gli chiede di descrivere Roma, cita Mark Twain: «Roma è come una prostituta grassa, vecchia e oleosa, che però ancora porti a letto perché ti ricordi quanto la ami».
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\nQuattro anni dopo Nancy è diventata una suora missionaria e ha girato il Centroamerica assistendo i migranti.
\nOra è a Roma, dove sta continuando i suoi studi per prepararsi ad altre missioni. Sempre ringraziando Dio e Gesù, precisa. La sua prossima tappa sarà in Africa. «Ma a me va bene qualsiasi luogo, perché in ogni luogo c’è Dio».
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\nPrima faceva almeno un viaggio l’anno in Cina, alla ricerca di qualcosa che non aveva. Perché, racconta, la sua passione è per l’alterità: «Mi piace studiare l’altro. Se una cosa è già mia, non mi interessa più».
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\nQuando qualcuno gli chiede un posto speciale, risponde sicuro: «Parco degli acquedotti, per vedere uno dei tramonti più belli della città».
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\n«Il sogno è trovare una stabilità di qualsiasi tipo», racconta. Come quella che trova quando recita: «anche se dici parole non tue, devi trovare una tua verità. E grazie a quella ricerca c’è molto più di te stesso di quanto non ci sia in un momento qualsiasi della tua vita».
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\nVive all’Eur, studia Beni culturali, ma ogni domenica setta un programma precisissimo per visitare le bellezze nascoste di Roma: «Programmo 2 chiese, 1 museo e un pranzetto veloce. Generalmente cammino per una ventina di chilometri, armato di fotocamera».
\nTra i suoi posti preferiti, la centrale idroelettrica di Montemartini, allestita a museo di arte antica: «Ci vado una volta a settimana quando non c’è nessuno».
\nDice che «Roma è piena di botteghe, catacombe, chiese sconosciute. Basta camminare per scoprire qualcosa di meraviglioso». Tra i suoi sogni c’è quello di laurearsi e poi di diventare divulgatore di bellezza. È già sulla buona strada.
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\nGianluca poco prima di quella partita aveva visto suo padre andare in shock anafilattico e sua madre soffrire di attacchi di panico.
\nPoco dopo lasciò il tennis giocato e iniziò a insegnarlo.
Oggi è istruttore in un circolo di Roma e allena due campioni italiani junior.
Racconta di quanto sia importante il legame tra serenità personale e gioco professionale in uno sport come il tennis. «Una delle cose più complicate per un tennista è riconoscere e gestire le proprie emozioni, che influiscono tantissimo sul gioco. Il rovescio di un tennista contento», racconta, «non sarà mai lo stesso rovescio dello stesso tennista triste».
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\nQuello è stato il motivo per cui Laura, anni dopo, ha deciso di lasciare Giurisprudenza, diventare «la prima non laureata della famiglia» e iniziare a lavorare come assistente ai costumi.
\nOggi aiuta a progettare e disegnare gli abiti per attori di teatro, serie, grandi eventi e cinema. Ha lavorato per cerimonie olimpiche, per il film House of Gucci e sì, pure per Zoolander 2.
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\nColtiva la terra a Velletri, e ogni giorno dalle 5 alle 14.30 è a Campo de’ Fiori a vendere i suoi frutti. Vive una vita tranquilla e soddisfacente. «Mi alzo la mattina», dice, «e sono felice di venire qui».
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\nLui li vede passare e li ritrae tutti nei suoi quadri: «De Chirico, Guttuso, Fellini, Audrey Hepburn, Liz Taylor, Gina Lollobrigida».
\nIl sabato, continua nei suoi racconti, passava spesso il Presidente della Repubblica Sandro Pertini: «E io più di qualche volta gli ho dato un mio quadro».
\nOggi è tutto cambiato. Stellario ha 73 anni, ma in quanto artista non ha età. Non ha moglie, ma in quanto artista ha «nipoti e mogli degli altri».
\nIl Caffè ha cambiato proprietà e lui non ci mette più piede. Ma continua a dipingere altre persone, in altri bar.
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\nDentro la bottega è circondato da Giani Bifronte, dettagli di statue, astrolabi e quadri dalle storie uniche.
\n«Ci chiamano antiquari, ma a me piace chiamarmi rigattiere: ho ereditato la passione da mio padre e mi piace sapere che ho come clienti i figli dei suoi clienti».
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\nUno dei posti che frequenta di più è la via degli Uffici del Vicario: è una via che costeggia piazza Montecitorio, fatta di caffè e ingressi nelle sedi dei gruppi parlamentari.
\n«In quella via succede sempre qualcosa. Quando non so che fare vado lì. Nove volte su dieci troverò qualche politico da cui raccogliere confidenze».
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\nUn giorno conosce la sua futura fidanzata, in vacanza nel suo villaggio. E la segue a Roma.
\nOggi racconta la città nella sua pagina’ Roma secondo me’, «mi piace far scoprire i luoghi meno conosciuti», dice. «Adoro la Garbatella e Coppedè. Perché Roma è una delle poche grandi città che ti fanno sentire all’interno di un paese».
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\nFortunata si chiamava, veniva dalla campagna laziale e cucinava per i braccianti del luogo. In seguito aprì un’osteria in provincia di Roma, quindi a Campo De’ Fiori.
\nOggi i ristoranti non si contano più. Iris è la capo chef e ha appena aperto un ristorante a Miami. Il piatto che le riesce meglio, dice, è la coda alla vaccinara.
\nRimpianti non ne ha: «Ho preso gli ingredienti buoni nella vita». Quello che le resta sono piuttosto sogni, come quello di aprire un ristorante «a Nuova York».
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\nL’ha rilevato nel 1969, a 23 anni, dopo essere venuto a Roma dalla provincia de L’Aquila e aver fatto il lavapiatti, il cameriere e l’aiuto cuoco.
\nAll’inizio lavorava poco e chiudeva di frequente, «il bar era ancora ritrovo di pregiudicati e delinquenti pronti a litigare e a sfasciare cose».
\nOggi che di anni ne ha 77, il bar è rimasto lo stesso, ma si è riempito, diventando punto di riferimento del quartiere. Quando gli chiedono qual è il momento più bello di questi 50 anni, Marcello risponde sicuro: «questo».
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\nMichel si è trasferito dalla Svizzera e nel 2007 è arrivato a Roma. Nella sua bottega costruisce violini, fino a due mesi per farne uno.
\n«Mi piace la lavorazione dei dettagli. Ogni cosa è più delicata. È la differenza che passa tra costruire un armadio e un piccolo cofanetto».
\nIl violino a cui è più affezionato, però, è il primo che ha costruito: «è del 1982, e lo regalai a mio padre».
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