Stefania, 29 anni, ha iniziato facendo la ballerina, continuato facendo abiti per ballerine e finito facendo abiti per donne.
\n«Mi piace trovare la precisione nelle miniature della vita», racconta nel suo laboratorio, meta di donne milanesi che vogliono vestirsi audacemente. «Per me l’abbigliamento è terapeutico» dice. «Quando mi vesto come mi piace, posso pure sentirmi un po’ meglio».
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\nCresciuta nella provincia mantovana, trasferitasi a Napoli, è stata niente ma forse tutto: cantante, finalista a The Voice, insegnante di latino, venditrice, bartender, guida turistica, performer.
\nMa più di tutto è una delle icone di una certa Napoli underground, quella che si vive tra i vicoli e le ballroom di notte, dove lei regna come Drag queen.
\n«Napoli è una città all’avanguardia, per quanto riguarda l’arte, la musica e le minoranze. Devi viverla per conoscerla. Ma quando la conosci, lei ti conosce e ti regala opportunità».
\nMiriam più che sogni, ha obiettivi quotidiani: «godere ogni santo giorno dei dettagli della vita e farmi attraversare». Vuole creare spazi di creatività in città. E sì, vuole fare pure una Cristoteca: una discoteca all’interno di una chiesa sconsacrata nel centro di Napoli.
\nChiunque entri a casa sua, dice, viene preso bene: «e sei preso male, parliamo qui, piangiamo assieme, e dopo saremo prese bene».
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\nLo fa da uno spiazzo con veduta su tutta Napoli, quartiere Vomero «perché per fare i camei serve una luce buona, tranquillità e pace».
Vive attorniato da centinaia di camei che hanno più di 70 anni.
«Negli anni 50 mio padre non stette bene e io e mio fratello prendemmo questo negozio».
\nOggi gestisce tutto da solo, ha quattro figli e spera di lasciare il suo negozio a qualcun altro «anche se non ci sono più artisti né corallo».
\nDel cameo gli piace la cura nei dettagli: «Meglio un cameo rozzo ma fatto con amore che uno perfetto ma fatto senza».
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\nStoria antica, spiega: «Mia nonna, quand’era bambina, era figlia di fruttivendolo. E veniva a portare i limoni all’acquafrescaio che era qui. Quando quello volle vendere, offrì il posto a mia nonna. E da allora noi siamo qua».
\nIl banco si trova in Piazza Trieste e Trento. In una guerra di copyright che va avanti da anni, Vincenzo racconta che sarebbe stato suo padre Cocò a mettere per primo il nome di «limonata a cosce aperte».
\nQuando qualcuno gli chiede se la limonata si prenda prima o dopo mangiato, ha la risposta pronta: «prima, per aprire la fame. E dopo, per digerire».
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\n«Napoli sta vivendo un nuovo Rinascimento», dice. «Durante il Covid ha visto rientrare tanti dei suoi cervelli».
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\nE da allora Gennaro è il portinaio meno chiacchierone del mondo: «ho parlato fin troppo nella mia vita, non devo dire più niente».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1147_gennaro.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1147_gennaro.504x630.jpg?h=1698991091",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1147_gennaro.1671x348.jpg?h=1698991091",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1147_xiaomi_italia-riflessa_liberta_gennaro_v101.mp3?h=1698988060",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1178,slug:"fabien",title:"Fabien",body:"«Vuoi vedere uno dei tramonti più belli del mondo? Vai sul Pincio». Fabien è nato in Borgogna. Ha lavorato per 11 anni come capo animatore in Francia, Marocco e Sicilia.
\nUn giorno conosce la sua futura fidanzata, in vacanza nel suo villaggio. E la segue a Roma.
\nOggi racconta la città nella sua pagina’ Roma secondo me’, «mi piace far scoprire i luoghi meno conosciuti», dice. «Adoro la Garbatella e Coppedè. Perché Roma è una delle poche grandi città che ti fanno sentire all’interno di un paese».
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\nMatteo, 35 anni è un van lifer piuttosto strano: né nomade né fisso. Né naive né stanziale. Uno che è riuscito a crearsi un equilibrio perfetto tra lavoro e vita privata all’interno di un van, tra città, mare e montagna.
\nDentro il suo furgone c’è tutto: cucina, letto, skate, surf, snowboard e chitarra. perché canta e suona per strada: Battisti, De Gregori, De André.
\nDurante la settimana gestisce il suo cocktail bar dalle parti di Loreto, a Milano. La sera dorme nel suo van, assieme al cane di tre anni, Luna.
\nPoi, ogni sabato parte per qualche posto, mettendo la sua casa in affitto: «tanto ci tornavo solo per le lavatrici e le docce. Ora vado in lavanderia per le prime e in palestra per le seconde».
\nDice che la sua vita non è per tutti, che devi esserci portato. «Io, ad esempio, ottimizzo i tempi, sono a guardare la mezz’ora. Appena chiudo la serranda del bar parto per un bel posto diverso in cui andare a dormire. Perché ogni sera voglio andare a letto ed essere contento».
\nNon è ancora una vita ricca di serenità, dice, ma per ora è ricca di momenti di felicità. E non è poco.
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\nGreta, laurea a Brera, da cinque anni passa gran parte del giorno nel suo laboratorio alle porte di Milano, circondata da lapidi, armadi, piloni, scatole di fagioli, orologi giganti, obelischi improvvisati, pacchetti di sigarette finti.
\nPerché per lavoro Greta costruisce set e allestimenti per eventi. Fa di tutto: «per uno spettacolo teatrale abbiamo costruito una scarpa alta tre metri tutta glitterata».
\nNon si definisce un’artista però, per almeno due ragioni. «L’artista si affeziona a quello che fa. Lo scenografo no. Io mi innamoro delle mie creazioni, ma non mi faccio coinvolgere » dice «perché so che la lascerò andare via un minuto dopo che l’ho creata. Per andare su un set e poi essere distrutta».
\nLa seconda ragione è che «se l’artista crea da una sua urgenza espressiva, noi scenografi rendiamo arte ciò che qualcuno ci chiede».
\nEd è questo ciò che a Greta piace di più: «Dare vita a quello che un’altra persona pensa».
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\nCi mettono sette anni. Ma oggi, la Chiesa di Santa Luciella ai Librai è una delle gemme nascoste della città. «Venne fondata nel 1327 dal nobile Bartolomeo Di Capua. Visto che aveva un male agli occhi, la volle intitolare a Santa Lucia. Ma visto che una chiesa di Santa Lucia già c’era, la chiamò di Santa Luciella».
\nOggi ricevono 60 mila persone l’anno e hanno 11 persone a contratto. «Tra loro, tantissime coppie che non possono avere figli e vengono a chiedere i voti ai teschi. E molte tornano dopo, a lasciare un giocattolo del figlio avuto».
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\nPerché Massimo ama collezionare e scoprire nuovi insetti. Ne ha a migliaia, nel suo studio: farfalle, scarabei, coleotteri, «sai che nel mondo ci sono più di 600 mila specie di coleotteri?» dice.
\nPer scoprirne di nuovi, dagli anni 80 a oggi ha girato quasi tutta l’Africa. Tra i Paesi più visitati, il Pakistan (3 volte), l’India (5) e l’Eritrea (6).
\nTecnicamente si chiama Entomologo, visto che - dopo un primo periodo da chimico - ha fatto della sua passione un lavoro.
\n«Gli insetti non sono belli, ma sono interessanti», racconta. «Nessuno, guardando una farfalla o uno scarabeo, può dire che sia banale».
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\nDice che la trippa era un piatto tipico che «veniva mangiato dagli spazzini alle 5 del mattino, per riscaldarsi». Oggi gestisce i suoi negozi, ma ha un sogno: «Mia nonna girava per la città con un carrettino di cibo. Io voglio girare per Napoli con un furgoncino di street food».
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\nQuando qualcuno gli chiede un posto speciale, risponde sicuro: «Parco degli acquedotti, per vedere uno dei tramonti più belli della città».
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",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1148_maria.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1148_maria.504x630.jpg?h=1698991102",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1148_maria.1671x348.jpg?h=1698991103",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1148_xiaomi_italia-riflessa_liberta_maria_v101.mp3?h=1698988111",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1175,slug:"stellario",title:"Stellario",body:"Stellario è un artista che ama lavorare nei bar. Nel 1976 si trasferì dalla Calabria a Roma e si piazzò nel Caffè Greco, storico locale di via Condotti in cui passava il mondo: artisti, intellettuali, politici e personaggi in cerca d’autore. «Era la via più bella del mondo, donne raffinatissime e uomini affascinanti».
\nLui li vede passare e li ritrae tutti nei suoi quadri: «De Chirico, Guttuso, Fellini, Audrey Hepburn, Liz Taylor, Gina Lollobrigida».
\nIl sabato, continua nei suoi racconti, passava spesso il Presidente della Repubblica Sandro Pertini: «E io più di qualche volta gli ho dato un mio quadro».
\nOggi è tutto cambiato. Stellario ha 73 anni, ma in quanto artista non ha età. Non ha moglie, ma in quanto artista ha «nipoti e mogli degli altri».
\nIl Caffè ha cambiato proprietà e lui non ci mette più piede. Ma continua a dipingere altre persone, in altri bar.
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\nLa sua vita incrociò quella dello scrittore alla fine degli anni ‘50, quando questi si trasferì nel quartiere Monteverde. «D’estate andavamo a fare il bagno al Tevere, durante l’anno giocavamo a calcetto. Una partita equivaleva a 30 giorni di vacanza per lui. In campo dava tutto. Poi riprendeva i libri e ritornava nella sua malinconia».
\nQuando uscì ‘Ragazzi di Vita’, racconta, alcuni suoi compagni di strada si sentirono offesi: «Volevano fare una spedizione per menare Pasolini. Poi li fecero ragionare: “ringraziatelo piuttosto, perché mostra le nostre condizioni”».
\nDopo quel libro Er Pecetto ha lavorato come calzolaio, edile, biciclettaio e bagnino.
\nAdesso ha fatto del suo studio di pittura un piccolo museo non ufficiale su Pasolini, pieno di ritagli di giornali e oggetti appartenuti all’intellettuale.
\nÈ diventato la memoria storica del quartiere e di Pasolini, di cui è ancora capace di recitare interi passi a memoria.
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\nGianluca poco prima di quella partita aveva visto suo padre andare in shock anafilattico e sua madre soffrire di attacchi di panico.
\nPoco dopo lasciò il tennis giocato e iniziò a insegnarlo.
Oggi è istruttore in un circolo di Roma e allena due campioni italiani junior.
Racconta di quanto sia importante il legame tra serenità personale e gioco professionale in uno sport come il tennis. «Una delle cose più complicate per un tennista è riconoscere e gestire le proprie emozioni, che influiscono tantissimo sul gioco. Il rovescio di un tennista contento», racconta, «non sarà mai lo stesso rovescio dello stesso tennista triste».
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\nIl primo, mai rimpianto, l’ha detto a suo marito Mimmo: «L’ho conosciuto 42 anni fa, che era un avventore del bar, venuto da Bari».
\nIl secondo l’ha detto alla sua famiglia: «I miei nonni erano arrivati nel 1959 dalla bassa mantovana. Abitavano nel quartiere assieme agli altri operai del sud e hanno preso questo bar.
\nSono cresciuta con mia madre e con queste signore meridionali che portavano le orecchiette e le torte salate a mia madre, per condividere».
\nLuciana non lo voleva prendere mica, il bar: «Quando mia madre si è ammalata, i miei parenti mi hanno chiesto di prendere questo posto. “E vabbé, ci diciamo con Mimmo, “lo facciamo per qualche anno e poi basta».
\nAncora oggi ci lavorano dentro, e ci abitano sopra.
\nHanno servito caffè prima a Lucio Battisti («Al 27 abitava la sua compagna»), poi a Ramazzotti, poi ai comici del vicino teatro Zelig («Pure Checco Zalone»).
\nAdesso il quartiere è cambiato, si chiama Nolo, multietnico e risorto. Ogni tanto Luciano e Mimma mettono i tavolini fuori e invitano ogni abitante del quartiere a condividere cibi del proprio Paese di origine.
\nCome le orecchiette.
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\nFriulana, inizia a lavorare a 14 anni in Germania in una fabbrica di cotone a Norimberga.
\nTornata in Italia fa la cameriera, poi lavora in un’azienda di metano. Quando l’azienda chiude, lei riceve una buona liquidazione e si compra una lavanderia sui Navigli.
\n«E adesso», dice, «spero di finire la mia vita qui».
\nRimorsi, dice che non ne ha: «rifarei tutto, compresi gli errori».
\nL’unico rimpianto è quello di non poter più ballare il liscio: «ci andavo con un’amica. Ma adesso lei non c’è più. Il mondo è cambiato. E le poche amiche che mi sono rimaste, preferiscono altro».
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\nMiriam è nata all’interno di una famiglia di ebrei ortodossi: sono quelli che osservano più fedelmente le leggi della Torah e i precetti dell’ebraismo e che «escludono le donne da ogni ruolo e funzione di leadership».
\nNel 2013 vede, però, aprire una scuola a Gerusalemme che dopo un percorso di studio tra i 3 e i 5 anni dà il titolo anche alle donne.
\n«Sono la prima italiana a frequentarla e ovviamente per molti è una novità» dice «specie per una parte più conservatrice che vede l’ortodossia allontanarsi dagli insegnamenti originari».
\nDice che in fondo ognuno si sceglie le proprie sfide: «Il Messia sei tu, quando ti comporti in maniera tale da permettere la sua venuta».
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\nColtiva la terra a Velletri, e ogni giorno dalle 5 alle 14.30 è a Campo de’ Fiori a vendere i suoi frutti. Vive una vita tranquilla e soddisfacente. «Mi alzo la mattina», dice, «e sono felice di venire qui».
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\nPoi ho scoperto il volontariato. E mi sono aiutata aiutando».
\nViviana è espressione di quel detto: «Milan col coeur in man», Milano con il cuore in mano. Un’espressione tanto cara ai milanesi che ricorda al mondo quanto essi, all’apparenza chiusi e attaccati solo al lavoro, siano tra le popolazioni più generose.
\nViviana ha iniziato per caso, quando i figli si sono fatti grandi, grazie a un amico ex galeotto che si occupava di rieducazione dei detenuti.
\nTra le altre cose, fa la volontaria in un campo Rom; in un hospice di Milano, luogo dedicato all’accoglienza e alle cure palliative dei malati terminali; e all’interno delle carceri.
\n«Lo faccio perché mi fa stare bene», dice. «Perché quando sono con loro scompaiono tutti i dolori che prima provavo».
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",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1149_max.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1149_max.504x630.jpg?h=1698991114",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1149_max.1671x348.jpg?h=1698991113",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1149_xiaomi_italia-riflessa_liberta_max_v101.mp3?h=1698988157",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1123,slug:"silvia",title:"Silvia",body:"Silvia crea.
\nMette assieme persone e idee, con l’obiettivo di tirarci fuori qualcosa di bello.
\nDentro alla bellezza c’è nata. Sua madre e sua zia avevano un’azienda di tessuti sul lago di Garda. Sin da piccola sta tra le bobine, guarda la nonna lavorare a maglia, vede i bozzetti dello zio stilista.
\nLei li aiuta, poi va a Milano «una città inevitabile»: studia comunicazione, fa un internship nell’ufficio creativo di una casa di produzione, fa una tesi con un’analisi comparata tra Federico Fellini e David Lachapelle.
\nE così, inizia a creare. E fonda lo studio Tiny Idols: si occupa dello styling e della direzione costumi per il mondo della pubblicità, della moda e della musica. Cura lo stile di artisti come Blanco, Sfera, Coez, Ariete e molti altri.
\n«Mi piace mettere in relazione persone e talenti diversi», racconta, «plasmare la squadra sui progetti creativi».
\nOgni tanto va via da Milano. Se ne torna a Verona, a stare in campagna e trovare nuove idee. «Uno dei momenti cruciali della mia vita fu nel 2018: lavoravo tantissimo, avevo spremuto me stessa. Lasciai tutto e tornai dalla mia famiglia per tre mesi. Campagna, affetti e meditazione».
\nGrazie alla pratica quotidiana, Silvia capisce che non è soltanto il suo lavoro. Riesce a scindere la stylist dalla persona, ad avere rapporti più aperti, ad accogliere le ispirazioni.
\nE soprattutto a creare ancora di più.
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1123_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_liberta_silvia.1080x1350.jpg?h=1699519554",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1123_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_liberta_silvia.504x630.jpg?h=1699519554",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1123_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_liberta_silvia.1671x348.jpg?h=1699519555",luogo_id:1028,sentimento_id:1034,luogo:"Milano",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1123_silvia.mp3?h=1698751329",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1118,slug:"gino",title:"Gino",body:"«La boxe è lo sport di chi è sopravvissuto a se stesso nonostante i tentativi di autoannullarsi».
\nGino ha provato ad annullarsi per anni.
\nNasce in Svizzera da genitori napoletani immigrati. Poi gira prima l’Italia e quindi l’Europa: Salerno, Germania, Roma, Napoli, Torino.
\nCambia paesi e lavori: manovale, falegname, magazziniere, mozzarellaro. «Tutto in nero e non ne ho imparato davvero neanche uno. Alternavo periodi in cui cercavo di rimanere pulito e periodi in cui sbandavo. Cercavo di vivere contemporaneamente una vita da lavoratore dipendente e una da lavoratore con dipendenza da alcol ed eroina. Ma ho capito che non era possibile».
\nIl giorno in cui lo capisce è il 3 dicembre 2004, data che ha tatuata sul braccio sinistro.
\n«Mattina del mio 36esimo compleanno. Crema. Mia madre viene a trovarmi a sorpresa, per darmi gli auguri. Mi vede nel mio appartamente, un corpo di 59 chili devastato. Si mette a piangere davanti a me».
\nQuando sua madre se ne va, lui decide e va al Sert. «Passai una settimana in crisi d’astinenza, sudai tutto quello che potevo sudare. Ma da quel giorno non toccai più un goccio né una sostanza».
\nUn anno dopo inizia a fare due cose che si porterà dietro per 20 anni.
\nPrimo, a tirare di boxe, che adesso insegna nelle palestre di Milano. «Quando ti alleni fai battere il cuore a 200 fino a sentire gli spilli per tutto il corpo, come la coca», racconta.
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\nPiano piano costruisce una community, attorno a cui fa consapevolezza sull’impatto mentale del Diabete di tipo 1. «Si dice che un diabetico prenda fino a 180 decisioni in più al giorno rispetto alle altre persone. Dall’insulina ai carboidrati, dalla palestra alla gestione delle emozioni».
\nLa fase più difficile, dice, è quella dell’accettazione: «Devi accettare che non c’è cura e che ogni santissimo giorno ti dovrai fare 5 punture di insulina nella pancia. Io ci ho messo un anno e mezzo prima di farmene una in pubblico».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1145_david.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1145_david.504x630.jpg?h=1698991067",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1145_david.1671x348.jpg?h=1698991068",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1145_xiaomi_italia-riflessa_liberta_david_v101.mp3?h=1698988827",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1129,slug:"irene-e-yuri",title:"Irene e Yuri",body:"Irene e Yuri hanno aperto un bar che è pure scuola di surf. A Milano. Lombardia. 200 chilometri dal mare. E funziona.
\n«D’estate reclutiamo, d’inverno andiamo al mare. Esattamente come si va in montagna», raccontano.
\nE ora, hanno creato anche un giardino didattico.
\nIrene, laureata in filosofia, racconta che la magia sta tutta «nell’equilibrio sulla superficie».
\n«Ci sono correnti filosofiche che ti dicono che se guardi troppo a fondo vedi le ossa: più vai a fondo più potresti chiuderti in te stesso. Se ti tieni in equilibrio sulla superficie, come nel surf, ti concedi la meraviglia del contatto con il diverso».
\nPer Yuri, che viene da uno sport collettivo come il rugby, «il surf è lo sport meno di squadra che esista. Sei da solo, sulla tavola, a cento metri dal mare, ma con tante persone che condividono l’attesa assieme a te. Non servono competenze, solo una tavola e voglia di godersela».
\nIn una sala del loro locale, tra tavole da surf e fiori, hanno una scritta al neon che ogni tanto s’illumina da sola, c’è scritta questa frase: «il miglior surfista è quello che si diverte di più».
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\n57 anni dopo, sono ancora nella loro carboneria, a vendere tutto quello che può servire. Lei ha 85 anni, lui 90. E vanno ancora a ballare il liscio.
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\nMichel si è trasferito dalla Svizzera e nel 2007 è arrivato a Roma. Nella sua bottega costruisce violini, fino a due mesi per farne uno.
\n«Mi piace la lavorazione dei dettagli. Ogni cosa è più delicata. È la differenza che passa tra costruire un armadio e un piccolo cofanetto».
\nIl violino a cui è più affezionato, però, è il primo che ha costruito: «è del 1982, e lo regalai a mio padre».
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\nCome seconda fa il cantautore: nome d’arte Vesuviano, perché è nato in un paese sotto il Vesuvio.
\n«Mi sono avvicinato alla musica all’età di 12 anni studiando il flauto traverso. I miei due fratelli suonavano entrambi: in casa cominciammo a interagire musicalmente».
\nI genitori sono grandi fan: «mio padre mi ha sempre detto che la carriera musicale è sempre incerta. Ma l’ho convinto: ormai è un vesuviano pure lui».
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\nNella capitale Ada si sposa, ma qualcosa va storto: «dopo due anni mi separai. Lui dopo andò a convivere con un uomo. E io decisi di chiudere con i maschi».
\nSi dedica al lavoro, all’interno della pubblica amministrazione. Compagno di scrivania è Antonio: «mi conquistò con la gentilezza, la bontà e il garbo. Ero una tipa difficile. Dopo un anno ci sposammo. E ora eccoci qua, 44 anni di matrimonio».
\nNon è riuscita ad avere figli, racconta, ma sogna «le nozze d’oro». Il segreto? «L’educazione e l’onestà».
\nOgni volta che può torna a Napoli. Specie ora, che è andata in pensione.
\nE con i soldi ha ricomprato il sottotetto nel palazzo in via Dante.
\nQuello in cui ha vissuto gli anni più belli della sua vita.
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1136_ada.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1136_ada.504x630.jpg?h=1699029569",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1136_ada.1671x348.jpg?h=1699029570",luogo_id:1030,sentimento_id:1032,luogo:"Napoli",sentimento:"Legami",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1136_xiaomi_italia-riflessa_legami_ada_v101.mp3?h=1698987323",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1180,slug:"marcello",title:"Marcello",body:"Marcello gestisce il bar simbolo di Trastevere. Si chiama Bar Calisto e come si legge nelle cronache è «un bar democratico, che ospita artisti e ladri, politici e barboni, studenti e professori, operai e manager».
\nL’ha rilevato nel 1969, a 23 anni, dopo essere venuto a Roma dalla provincia de L’Aquila e aver fatto il lavapiatti, il cameriere e l’aiuto cuoco.
\nAll’inizio lavorava poco e chiudeva di frequente, «il bar era ancora ritrovo di pregiudicati e delinquenti pronti a litigare e a sfasciare cose».
\nOggi che di anni ne ha 77, il bar è rimasto lo stesso, ma si è riempito, diventando punto di riferimento del quartiere. Quando gli chiedono qual è il momento più bello di questi 50 anni, Marcello risponde sicuro: «questo».
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\nHa iniziato durante l’Università, facendo l’assistente per un fotografo di matrimoni.
\nIn 5 anni avrà partecipato a oltre 1.000 matrimoni nel napoletano. «Lavoravamo dalle 8 all’una di notte», tra escursioni in elicottero a Capri e comunioni interrotte alle 6 del mattino dai Carabinieri («Il bambino si era addormentato sul tavolo»).
\nConosceva tutti, pure Gigi d’Alessio: «si sedeva al tavolo degli artisti con noi. Era a inizio carriera. In un giorno era capace di fare 5 matrimoni».
\nEugenio ha fatto carriera, oggi scatta modelle. Ma ogni tanto, per stare con i vecchi colleghi, va a lavorare come fotografo ai matrimoni gratis.
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1152_eugenio.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1152_eugenio.504x630.jpg?h=1698991147",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1152_eugenio.1671x348.jpg?h=1698991148",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1152_xiaomi_italia-riflessa_passione_eugenio_v101.mp3?h=1698988338",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1131,slug:"lars",title:"Lars",body:"Lars viene dalla Svezia. A Stoccolma faceva il giornalista di cronaca nera e scriveva libri di true crime ma «una serie di coincidenze» lo hanno portato a Milano, una decina di anni fa.
\nIn città scrive libri, scatta foto. Ma più di tutto adora le foto vecchie, così decide di farne un lavoro. Saccheggia gli archivi fotografici, quindi prende in affitto un piccolo spazio nel cortile di uno dei palazzi di vicolo dei Lavandai.
\nSono meno di 30 metri quadri, coperti da immagini che ricostruiscono gli ultimi 100 anni della città: i Navigli ancora aperti in centro, i Beatles sul tetto del Duomo, la città distrutta dopo la seconda guerra mondiale e lo Stadio di San Siro negli anni 70.
\nLa foto preferita di Lars si chiama «Partigiane in Brera»: tre donne per le strade di Milano durante la seconda guerra mondiale, ognuna con un fucile tra le braccia. Foto potentissima, scattata poche ore dopo il 25 aprile 1945, e diventata uno dei simboli della Liberazione.
\nLars l’ha incorniciata e la tiene in verticale sulla sua scrivania. Qui dentro, stretto tra migliaia di storie e facce di persone oggi morte che lo guardano, pare libero.
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\nFortunata si chiamava, veniva dalla campagna laziale e cucinava per i braccianti del luogo. In seguito aprì un’osteria in provincia di Roma, quindi a Campo De’ Fiori.
\nOggi i ristoranti non si contano più. Iris è la capo chef e ha appena aperto un ristorante a Miami. Il piatto che le riesce meglio, dice, è la coda alla vaccinara.
\nRimpianti non ne ha: «Ho preso gli ingredienti buoni nella vita». Quello che le resta sono piuttosto sogni, come quello di aprire un ristorante «a Nuova York».
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\nUno dei posti che frequenta di più è la via degli Uffici del Vicario: è una via che costeggia piazza Montecitorio, fatta di caffè e ingressi nelle sedi dei gruppi parlamentari.
\n«In quella via succede sempre qualcosa. Quando non so che fare vado lì. Nove volte su dieci troverò qualche politico da cui raccogliere confidenze».
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\nPoi Aldo è tornato a Napoli, ha conosciuto quella che è sua moglie, e non è partito più: ha aperto una trattoria nella via in cui è nato.
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\nEntrambi cercavano nuove imprese in cui buttarsi. «Entrambi abbiamo visto il fenomeno del tufting, l’arte di fare tappeti che spopolava nei video TikTok».
\nCosì hanno aperto dalle parti di via Padova un posto che è qualcosa di più: un locale in cui ognuno può andare e creare il suo tappeto personale sotto la loro supervisione.
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1126_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_passione_brian-nicola.1080x1350.jpg?h=1699519580",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1126_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_passione_brian-nicola.504x630.jpg?h=1699519581",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1126_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_passione_brian-nicola.1671x348.jpg?h=1699519581",luogo_id:1028,sentimento_id:1033,luogo:"Milano",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1126_brian-nicola.mp3?h=1698751999",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1115,slug:"lucille",title:"Lucille",body:"Il primo tatuaggio se l’è fatto a 15 anni: un doppio cuore, rosso e nero. «Raccontavo attraverso i tattoo le cose peggiori della mia vita». Dopo ha iniziato a farlo agli altri, «come una terapia».
\nLucille ha lavorato 10 anni come creativa nella moda. A 33 anni si è «stancata» e ha aperto uno studio di tatuaggi.
\nLe piace condividere emozioni con i clienti, «come fosse una seduta di terapia. Mi piace questo scambio di umanità».
\nIl tatuaggio che più ricorda è quello «fatto a un papà che aveva perso la figlia. E non voleva sentirsi solo».
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\nMa l’incontro più bello è stato con un musicista che non ha comprato nulla: «era il 2016. Si affacciò sul negozio. Chiese se disturbava: lo feci entrare e gli raccontai un po’ la mia arte, gli feci provare gli strumenti: era Robert Plant, il leader dei Led Zeppelin».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1153_giuseppe.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1153_giuseppe.504x630.jpg?h=1698991158",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1153_giuseppe.1671x348.jpg?h=1698991159",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1153_xiaomi_italia-riflessa_passione_giuseppe_v101.mp3?h=1698988376",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1139,slug:"francesco-1",title:"Francesco",body:"Francesco da Ischia è partito per tornarci. Ha girato il mondo, ha imparato un lavoro e proprio quando la sua carriera sembrava avviata ha capito che era a casa sua che voleva cambiare qualcosa: «Ero su un aereo per Ibiza, dove avrei aperto un bar insieme ad alcuni soci, in volo qualcosa nella mia testa e nel mio cuore mi ha detto che non era la cosa giusta. A Ibiza non ci sono andato più, sono tornato a Ischia».
Ha chiamato i suoi fratelli e insieme hanno aperto il loro primo locale sull’isola - oggi ne hanno tre.
Ognuno ha il suo ruolo «il nostro lavoro insieme funziona bene perché tutti abbiamo compiti diversi, il nostro legame è sempre lo stesso se non più forte di prima».
Hanno fatto tutto da soli, spostato bancali, messo a posto la spiaggia, cercato clienti, e anche i genitori che all’inizio non vedevano di buon occhio l’idea ora sono coinvolti nella gestione. «I miei sono sempre stati dipendenti, ma sapevano la fatica di avere un’attività propria, avevano paura. Oggi invece mio padre è il primo a venire al locale ogni mattina».
«Qui abbiamo creato un social senza internet» racconta Felice che gestisce assieme al padre Paolo, emigrato da Trani nel 1969, il bar Picchio.
\nÈ un bar in zona Porta Venezia. Nessun drink o design particolare, un set vintage, prezzi bassi, quotidiani e sigarette in vendita. Ma dopo il tramonto, è uno dei posti più frequentati dagli studenti di Milano.
\nDentro ci sono quattro pannelli, con attaccate le foto dei primi piani dei ragazzi e delle ragazze del bar aperti a un incontro. Chi ha voglia di conoscere qualcuno, va da Felice, indica la foto e chiede informazioni.
\nFelice farà il resto.
\n«Lo chiamo Facewall. Il muro delle facce. Mi diverto a far conoscere le persone sedute a tavoli diversi». Dalle serate al Picchio «sono nate coppie, matrimoni e bambini».
\nSecondo lui il Picchio ha un ulteriore vantaggio rispetto ai social: «Quando ti siedi qui al tavolo vengono giù le maschere. I filtri non esistono più».
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\n«Il sogno è trovare una stabilità di qualsiasi tipo», racconta. Come quella che trova quando recita: «anche se dici parole non tue, devi trovare una tua verità. E grazie a quella ricerca c’è molto più di te stesso di quanto non ci sia in un momento qualsiasi della tua vita».
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\nFrancesco viene dall’Agro aversano, la cosiddetta terra dei fuochi.
\nÈ laureato in giurisprudenza e vuole fare il pubblico ministero minorile.
\nDice che non vivrebbe mai fuori da Napoli: «sono per la vita lenta. Io per esempio non chiedo mai alle persone che lavoro fanno. E va bene così».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1146_francesco.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1146_francesco.504x630.jpg?h=1698991079",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1146_francesco.1671x348.jpg?h=1698991080",luogo_id:1030,sentimento_id:1032,luogo:"Napoli",sentimento:"Legami",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1146_xiaomi_italia-riflessa_liberta_francesco_v101.mp3?h=1698988024",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1119,slug:"greta",title:"Greta",body:"Greta ha 26 anni, è un’art director, ma in cuor suo è più un’illustratrice. “È qualcosa che tengo lontana dal mio lavoro, la faccio più per me”.
A Milano scopre l’amore per il disegno, inizia a studiare cinema, ma le immagini in movimento non le permettono di cogliere ogni dettaglio: «scappano, non rimangono: non posso contemplarle ogni volta che voglio».
Così, inizia a disegnare le locandine di film e va avanti ‘rubando’ le immagini degli altri, fino a trovare finalmente il suo modo di raccontare e raccontarsi, con il suo progetto personale ‘Carpita a tutti’, in cui disegna situazioni, sentimenti, incontri che, appunto, capitano a tutti.
Greta veniva da un periodo difficile. Il trasferimento a Milano, da una piccola cittadina della Sicilia, è stato duro: «là sapevo come muovermi, qui non avevo ancora trovato uno spazio che fosse mio. Mi sono chiusa in me stessa, ho fatto mio il dolore e finalmente in Milano ho trovato una casa grande e senza regole».
Per Greta, Milano è la mamma di chi vuole liberare il proprio spirito, perché critica senza giudicare: «Milano mi ha dato la possibilità di essere me stessa senza dovere seguire il disegno che altri avevano fatto per me», racconta, «me lo sono fatto io il mio disegno».
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\nPrima faceva almeno un viaggio l’anno in Cina, alla ricerca di qualcosa che non aveva. Perché, racconta, la sua passione è per l’alterità: «Mi piace studiare l’altro. Se una cosa è già mia, non mi interessa più».
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\nE oggi nella sua bottega in via San Gregorio Armeno vive, lavora e divulga la sua arte circondato da migliaia di personaggi che vivono anche nella sua testa: Pinocchio, Agnese, lo sciuscià, il barbiere, il monaciello, Don Chisciotte, i re Magi «è la figura più complicata, ci vogliono 3 settimane».
\nIl suo personaggio preferito, però, resta Carmela, pastore dell’abbondanza e della prosperità, che porta con sé pane, uova e vino: «è il mio pastore, quello a cui mi rivolgo quando ho bisogno di aiuto».
\nPer crearla si è ispirato a una donna vera, «si chiamava Carmela, alla fine degli anni 70, vendeva le sigarette nel vicolo. Il volto l’ho modellato su di lei: è triste e gentile, brutta e dolce. Ha il gozzo tiroideo, per un’alimentazione povera di iodio. Ma è elegante, signorile, fine».
\nIl trucco sta tutto negli occhi di cristallo: «Quelli ti danno la vita».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1154_marco.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1154_marco.504x630.jpg?h=1698991169",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1154_marco.1671x348.jpg?h=1698991169",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1154_xiaomi_italia-riflessa_passione_marcoferrigno_v101.mp3?h=1698988434",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1124,slug:"vittorio",title:"Vittorio",body:"«Le tavole, che siano di skate, surf o snowboard, ti privano di schemi, regole e contesto. Sono lo strumento che ti dà più libertà in assoluto. Persino qui, persino a Milano».
\nVittorio ha messo i piedi su una tavola da skate a 4 anni. «Era quella di mio cognato, stile anni 80. A 10 anni ricevetti la mia prima tavola. A 19 aprii una delle prime scuole di skate in Italia. A 25 lavoravo al Coni come responsabile del settore».
\nHa partecipato ai campionati mondiali di downhill, formato 1.200 istruttori italiani, ma la cosa che più gli piace è trasmettere la passione ai più piccoli.
\nA Milano e per l’Italia gira sempre su una tavola: che sia sul Naviglio su un sup, per le strade su uno skate, in montagna con lo snowboard. «Quando sto lì sopra», dice, «riesco a trovare un po’ di serenità».
\n«Non hai bisogno di strutture, che siano una porta di calcio o una rete da pallavolo. Ti basta la tavola. E con quella riesci a vedere tutto e interpretarlo come vuoi.
\nVedi un passamano, pensi che lo puoi saltare, ci puoi passare sotto o ci puoi slidare sopra. E gli fai prendere vita. È come essere un tutt’uno con il mondo che ti circonda».
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\nLa portai in un parco, le feci scrivere dei bigliettini, uno per ogni dolore provato. Alcuni li bruciò, altri li seppellì in punti del parco. Poi con del Das creò un totem di rinascita: una palla chiusa, da cui usciva un germoglio verde. Ora è cresciuta, sorride, ha un gruppo di amici, mi abbraccia e si lascia abbracciare».
\nValeria fa la psicoterapeuta da 8 anni a Milano.
\nDopo la pandemia ha seguito decine di ragazzi e ragazze alle prese con ansia e depressione: «Hanno accusato l’idea della morte: la morte dei propri nonni o dei propri genitori. Perché se ti muoiono i genitori, pensi di morire pure tu come figlio. Molti non si sono vissuti: né gite né fidanzatini, né pomeriggi a studiare né primi giorni di scuola».
\nDice che i ragazzi di oggi «sono più confusi, ma hanno più strumenti e contesto per farlo sapere al mondo. E se lo dicono, significa che si vogliono salvare».
\nPerché c’è questa cosa, bellissima, che dice Valeria, che per lavoro parla con persone che hanno pensato al suicidio: «chiunque ti dice che si vuole suicidare, ti sta chiedendo un aiuto a vivere. Semplicemente si è perso qualche punto fisso. Ma ogni tentativo di suicidio è un tentativo di vita».
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\nMario è uno studente di filosofia, «con quella ho razionalizzato la mia vita da ragazzo della periferia napoletana», ma più di tutto ama raccontare e intrattenere.
\nAdesso organizza eventi, e vede passare il mondo nell’ostello: una ragazza del Sud Africa che faceva la sex worker per lottare contro il patriarcato, un ragazzo israeliano disertore dell’esercito e pure la sua attuale fidanzata.
\n«Lavorare negli ostelli significa non invecchiare mai».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1142_mario.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1142_mario.504x630.jpg?h=1698991036",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1142_mario.1671x348.jpg?h=1698991037",luogo_id:1030,sentimento_id:1032,luogo:"Napoli",sentimento:"Legami",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1142_xiaomi_italia-riflessa_legami_mario_v101.mp3?h=1698987650",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1164,slug:"margherita",title:"Margherita",body:"Margherita adora i particolari. Per questo lavora nella gioielleria di famiglia. «Dal 1893 siamo gioiellieri a Roma. Quando ero piccola passavo i fine settimana nella bottega di mia nonna in via del Tritone e da due anni ho cominciato a lavorarci anch’io. Mi piace l’idea di farla sopravvivere e di portarla avanti».
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\nHa iniziato in fabbrica, dove ha conosciuto suo marito.
\nE ha continuato in un laboratorio aperto con il marito sui Navigli: «erano gli anni ‘70 e ‘80i», dice. «Era il periodo d’oro. Producevamo borse per tutti gli stilisti». Un giorno ricevette una lettera scritta a mano, in cui lo stilista si complimentava per la cura con cui aveva realizzato una borsa a partire da un suo bozzetto. «Firmato, Gianni Versace».
\nUna volta raggiunta la pensione, ha preferito continuare a lavorare, dentro la sua bottega in vicolo dei Lavandai, dove realizza borse in pelle per clienti affezionati.
\nSono lei e il marito: 82 e 84 anni.
\nMomento di crisi, anno 1971: «Lui mi mise le corna. Poi tornò come un razzo».
\nDopo 60 anni assieme continuano a litigare, ottimo segno. «L’ultima volta l’abbiamo fatto oggi pomeriggio. Non gli piaceva come avevo fatto un orlo. Gli ho detto che di orli non capisce niente».
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",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1162_xiaomi_italia-riflessa_roma_4-5_legami_giampiero-alessandra.1080x1350.jpg?h=1699519710",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1162_xiaomi_italia-riflessa_roma_4-5_legami_giampiero-alessandra.504x630.jpg?h=1699519710",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1162_xiaomi_italia-riflessa_roma_4-5_legami_giampiero-alessandra.1671x348.jpg?h=1699519709",luogo_id:1029,sentimento_id:1032,luogo:"Roma",sentimento:"Legami",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1162_xiaomi_italia-riflessa_legami_giampiero_alessandra_v101.mp3?h=1699515684",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1144,slug:"daniela",title:"Daniela",body:"«Al mattino calcolavo esattamente i carboidrati da preparare per colazione. Quindi mi pesavo. E la mia giornata dipendeva da quel numero: se era in aumento di anche 50 grammi rispetto al giorno prima, la mia giornata sarebbe stata pessima».
\nDaniela non si sentiva mai «abbastanza magra».
\n«Ero ossessionata: alternavo digiuni o corse di 16 chilometri per una pizza».
\nAnoressia nervosa si chiama, con conseguente depressione, anemia, ipoglicemia: «pretendevo il massimo da me: come figlia, amica, nipote. Rimuginavo attorno a un 28 preso all’Università».
\nArriva a pesare 47 chili, e a 28 anni capisce che deve prendersi cura di se stessa: «studiavo al Policlinico. Un giorno, dietro consiglio di tanti amici che mi vedevano sempre più malnutrita, andai a parlare con una psichiatra al Centro disturbi alimentari del Primo Policlinico. A fine seduta mi chiese perché fossi lì: “Perché voglio riprendere in mano la mia vita”».
\nInizia un percorso di 5 anni, fatto di terapie antidepressive e una seduta a settimana.
\nDurante quello, si appassiona alla psichiatria e decide di passare dall’altra parte della scrivania. Recupera gli esami persi durante il periodo buio, si laurea con una tesi in psichiatria, e vince un concorso per entrare nella specializzazione di neuropsichiatria infantile.
\nIl consiglio che adesso dà a tutti è di «chiedere aiuto a un professionista qualificato. Perché in realtà la vita senza malattia è molto meglio di una vita ingabbiata».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1144_daniela.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1144_daniela.504x630.jpg?h=1698991056",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1144_daniela.1671x348.jpg?h=1698991057",luogo_id:1030,sentimento_id:1034,luogo:"Napoli",sentimento:"Libertà",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1144_xiaomi_italia-riflessa_liberta_daniela_v101.mp3?h=1698987883",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1112,slug:"herion",title:"Herion",body:"«Sono arrivato in Italia quando avevo 20 anni, ospite di mia zia che viveva qui. In fondo sapevo già un po’ la lingua, visto che in Albania guardavamo i vostri programmi tv: Lupin su tutti».
\nHerion, che oggi di anni ne ha 42, inizia a lavorare prima come cameriere e poi oste.
\n«Mi piacciono i ristoranti, il sogno di mia madre a Tirana era di aprirne uno». E così, all’inizio degli anni 10 prova a rilevarne uno suo.
\nVicino casa, nel quartiere Affori, vede un vecchio circolo gestito da una cooperativa storica, dove gli anziani vanno a giocare a biliardo il pomeriggio.
\nCi vede del potenziale, parla col padrone e lo convince a darglielo in gestione. È l’inizio dell’Osteria del biliardo. Un posto di tavoli verdi e birre chiare, noccioline al banco e risotti al tavolo, «ragazzi di Affori e dirigenti d’azienda».
\n«L’obiettivo è preservare la storia rinnovandola», dice Herion, che oggi ha due figli, una compagna e ospita un paio di volte l’anno sua madre.
\n«Adesso è in pensione, non ha mai aperto un ristorante suo. Ma è orgogliosa di questo».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1112_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_legami_herion.1080x1350.jpg?h=1699519454",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1112_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_legami_herion.504x630.jpg?h=1699519454",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1112_xiaomi_italia-riflessa_milano_4-5_legami_herion.1671x348.jpg?h=1699519454",luogo_id:1028,sentimento_id:1032,luogo:"Milano",sentimento:"Legami",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1112_herion.mp3?h=1698750809",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1138,slug:"fiamma",title:"Fiamma",body:"«La mia vita si è accelerata 4 anni fa. È il 2019: mia madre si ammala di un tumore al seno. Così mi ritrovo ad assistere lei a letto, a portarla a visita, a occuparmi delle mie due sorelle più piccole».
\nFiamma perde quella parte di spensieratezza di chi ha vent’anni: «magari quella parte non è morta», dice, «è solo andata da qualche parte e un giorno la raggiungerò».
\nUn giorno però crolla.
«Dico ai miei genitori che ho paura della morte. Loro mi abbracciano e mi dicono che ci saranno sempre per me. C’è che quando siamo piccoli non siamo educati alla morte. Cresciamo pensando sia una cosa lontanissima. Poi diventiamo grandi e iniziamo a essere bombardati dalla morte. E ci rendiamo conto che non siamo pronti. Dovremmo parlare della morte come parliamo della vita».
A proposito della vita, Fiamma oggi ha 24 anni, studia Cinema d’animazione all’Accademia di Belle Arti, si sta appassionando all’arte dei tatuaggi e ogni tanto frequenta dei set. Sua madre è guarita, le sono ricresciuti i capelli.
\nLei si è laureata con un corto: era sulla prevenzione del tumore al seno.
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\nQuello è stato il motivo per cui Laura, anni dopo, ha deciso di lasciare Giurisprudenza, diventare «la prima non laureata della famiglia» e iniziare a lavorare come assistente ai costumi.
\nOggi aiuta a progettare e disegnare gli abiti per attori di teatro, serie, grandi eventi e cinema. Ha lavorato per cerimonie olimpiche, per il film House of Gucci e sì, pure per Zoolander 2.
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\nÈ figlio d’arte, il padre girava l’Italia suonando a feste e matrimoni. Si è laureato al Conservatorio, ha studiato musica elettronica, voleva fare il compositore, ma adesso vorrebbe lavorare anche come fonico di sala: «mi piacerebbe meno libertà e più sicurezza economica» dice.
\nLa musica è dove tutto è chiaro. L’ha aiutato durante il periodo più nero della depressione: «iniziò a 18 anni, iniziai a essere sempre triste, a non uscire più, a evitare contatti. Attacchi di panico, farmaci, terapia».
\nAdesso suona i Beatles, Stevie Wonder e Halleluja di Jeff Buckley.
\nVuole smettere il periodo nero, trovare una brava ragazza di cui prendersi cura e che si prenda cura di lui. E vuole vedere l’Europa.
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1158_stefano.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1158_stefano.504x630.jpg?h=1698991214",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1158_stefano.1671x348.jpg?h=1698991213",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1158_xiaomi_italia-riflessa_passione_stefano_v101.mp3?h=1698988650",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1159,slug:"stefano-2",title:"Stefano",body:"Stefano ha iniziato a fare il barman a 17 anni: «avevo smania di fare qualcosa di diverso. Così iniziai a creare dei banconi da catering».
\nOggi ha Baring, un bar catering che si occupa dell'allestimento bar, della selezione di barman professionali e della gestione del beverage per eventi privati o aziendali.
\nHa più di 20 banconi smontabili che porta in giro per gli eventi: matrimoni per stranieri in Costiera, eventi privati su yacht delle star di Hollywood in visita in Italia.
\nIl suo mito è Cocktail, il film con Tom Cruise sul mondo dei barman. Ci ha aperto un bar che si chiama come il protagonista: Flanagans.
\nPer il resto, sta in pace nella sua casa a Napoli, una sorta di installazione d’arte giapponese: «questa casa nasce quando ero ai ferri corti con la madre di mia figlia. Mia figlia ora ha 18 anni», racconta. «Prossimo obiettivo: comprare una casa nel bosco nel Cilento».
",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1159_stefano.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1159_stefano.504x630.jpg?h=1698991225",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1159_stefano.1671x348.jpg?h=1698991224",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1159_xiaomi_italia-riflessa_passione_stefano2_v101.mp3?h=1698988699",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1132,slug:"marco",title:"Marco",body:"Marco dice che «moltissimi vogliono liberarsi dei vestiti ricevuti dagli ex partner».
\nLui ha iniziato a lavorare con i vestiti degli altri nel 2013. Fa il visual merchandising per un’azienda. Un giorno legge un annuncio di lavoro piuttosto strano da parte di tale Hillary, ragazza di San Francisco che vuole importare l’idea del second hand a Milano. «Mi innamoro prima dell’idea e poi di lei. Accetto», racconta.
\nAprono un negozio di vestiti di seconda mano, da comprare e da vendere.
\nOgni tanto va negli armadi di persone famose, di ex re e regine della tv: tutte persone che ora non indossano più quegli abiti.
\n«Una volta abbiamo ricevuto un capo di prova fatto da uno dei brand più famosi del mondo per una principessa araba», racconta, «una delle sarte lo aveva ricevuto in omaggio dal direttore creativo. Non lo poteva indossare così lo ha monetizzato: vedi? Ogni abito ha una storia».
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\nVive all’Eur, studia Beni culturali, ma ogni domenica setta un programma precisissimo per visitare le bellezze nascoste di Roma: «Programmo 2 chiese, 1 museo e un pranzetto veloce. Generalmente cammino per una ventina di chilometri, armato di fotocamera».
\nTra i suoi posti preferiti, la centrale idroelettrica di Montemartini, allestita a museo di arte antica: «Ci vado una volta a settimana quando non c’è nessuno».
\nDice che «Roma è piena di botteghe, catacombe, chiese sconosciute. Basta camminare per scoprire qualcosa di meraviglioso». Tra i suoi sogni c’è quello di laurearsi e poi di diventare divulgatore di bellezza. È già sulla buona strada.
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\nPerché le due sono sorelle e colleghe: hanno iniziato suonando per gioco con il padre e attorno ai 10 anni giravano già per i festival: «una suonava il piano e l’altra cantava e scriveva le nostre canzoni».
\nAncora oggi vanno in giro sempre insieme e sono diventate ancora più sorelle quando la più grande è diventata madre giovane: «Ho sentito il bisogno di starle ancora più vicina», dice la più piccola. Litigano tanto, ovvio: «ma poi ci facciamo un complimento su un rossetto e passa tutto».
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\nDentro la bottega è circondato da Giani Bifronte, dettagli di statue, astrolabi e quadri dalle storie uniche.
\n«Ci chiamano antiquari, ma a me piace chiamarmi rigattiere: ho ereditato la passione da mio padre e mi piace sapere che ho come clienti i figli dei suoi clienti».
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",image:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1156_patrizia.1080x1350.jpg?h=1699096556",thumb:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1156_patrizia.504x630.jpg?h=1698991192",banner:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1156_patrizia.1671x348.jpg?h=1698991191",luogo_id:1030,sentimento_id:1033,luogo:"Napoli",sentimento:"Passione",audio:"https://i05.appmifile.com/events/italia-riflessa/media/1156_xiaomi_italia-riflessa_passione_patrizia_v101.mp3?h=1698988529",short_text_limit:6,date:{day:"",month:""}},{id:1167,slug:"suor-nancy",title:"Suor Nancy",body:"«Avevo 18 anni e venni lasciata dal mio fidanzato. Ero molto triste e iniziai a pregare Gesù. Poco dopo lasciai gli studi di psicologia, dissi ai miei genitori che mi sarei trasferita nel centro del Paese e iniziai a studiare per ottenere la consacrazione perpetua».
\nQuattro anni dopo Nancy è diventata una suora missionaria e ha girato il Centroamerica assistendo i migranti.
\nOra è a Roma, dove sta continuando i suoi studi per prepararsi ad altre missioni. Sempre ringraziando Dio e Gesù, precisa. La sua prossima tappa sarà in Africa. «Ma a me va bene qualsiasi luogo, perché in ogni luogo c’è Dio».
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